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Taranta: musica e danze per “liberarsi dal mal d’amore”

Orchestra Della Taranta

“La Taranta del profondo sud è quella musica che tu all’improvviso sentirai, quel ballo che non finisce mai”. Così Eugenio Bennato intonava le prime parole sulla “Notte della Taranta”, un suggestivo evento musicale nato nel 2004 sulla base del già esistente “Ensemble la notte della taranta” datato 1998.

La pizzica e il morso del ragno immaginario

Tradizionalmente la pizzica salentina nasce per guarire le donne del Salento dal veleno iniettato nei loro corpi dal morso di un ragno immaginario: la tarantola. Si tratta di una danza in cui le donne del Salento si muovono vorticosamente, accompagnate dal ritmo di tamburelli. Ciò fino alla scomparsa della sofferenza causata dal veleno del morso (il cosiddetto “mal d’amore”). Durante le tappe del festival annuale della Notte della Taranta si balla per tutta la notte questa fascinosa danza. Insieme alle esibizioni di orchestre di altissimo livello come quella, indimenticabile, diretta dal maestro polistrumentista Mauro Pagani.

Ragno Della Taranta
Pixabay

Taranta: chitarre, organi, violini, zampogne

Insieme ai tamburelli, la serata è deliziata dal suono di zampogne, violini, mandolini, contrabbassi, chitarre, ciaramelle, organi. Il tutto in un evento realmente suggestivo il 25 agosto di ogni anno, nel piazzale dell’ex Convento degli Agostiniani a Melpignano. In queste serate, una media di oltre centomila persone, ballano nel vento ipnotico della Taranta, nel concertone finale della manifestazione musicale. Prima di questa data, infatti, si svolge in varie tappe in Italia e nel mondo. L’evento è organizzato dai comuni della Grecìa Salentina.

Ballerina che danza
Pixabay

La Grecìa Salentina, patria del griko

I comuni della Grecìa Salentina sono accomunati dall’uso del griko. Un dialetto greco parlato in queste aree da tempi lontani. Il griko di oggi è una variante di quello usato anticamente, del quale sono stati modificati alcuni elementi originari. Melpignano è un comune importante non solo in quanto sede della tappa finale della Notte della Taranta, ma anche in quanto custode di uno dei primi esempi di barocco leccese.

L’arte povera salentina

Quante volte ci è capitato di trovare il simbolo della Taranta riprodotto sui manufatti degli artigiani locali? L’arte salentina è fatta di materiali poveri come il legno d’ulivo, la pietra leccese, la carta da macero. Si realizzano così manufatti di ogni tipo e creazioni originali. La carta da macero per realizzare le note statuette di cartapesta, l’argilla per la creazione di terracotte, la ceramica per souvenir di ogni sorta come i magici fischietti. Il fischietto di ceramica, infatti, è utilizzato come portafortuna. Il simpatico manufatto rappresenta solitamente delle figure istituzionali presentate con ironia, come il gendarme, ma anche il gobbo e l’ubriacone.

Il giunco per i cestini finemente lavorati

Il Salento è da sempre un’area ricca di giunco palustre, il quale ha reso noto nel mondo soprattutto l’ex comune di Acquarica del Capo. Grazie a esso, infatti, abili mani hanno saputo realizzare bellissimi cestini di giunco. Il giunco veniva raccolto con delle falci con lo scopo di tagliarne via le componenti meno pregiate. I fili di giunco, denominati “paleddhu”, erano sottoposti a una fase di separazione per dividere i fili verdi da quelli secchi e raccolti in fasci. In fasi successive il giunco era lasciato essiccare sulle terrazze, un processo che durava circa quindici giorni. Si procedeva quindi alla zolfatura. Una volta divenuto duttile e giallognolo, il giunco era pronto per essere lavorato.

Taranta: musica e danze per “liberarsi dal mal d’amore” ultima modifica: 2021-01-08T09:00:00+01:00 da Antonella Marchisella

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